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Piede forte o piede debole? Possiamo intervenire? E come?

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Il caso: il maratoneta fermo da tempo per dolori insopportabili  a livello dei tendini d'Achille, reduce di svariati tentativi terapeutici di ogni tipo ma tutti rivolti a rendere il piede più sostenuto, più confortevole, di ridurre l'infiammazione dei tendini anche con iniezioni peritendinei di dubbio valore. 

L'esame oggettivo approva due piedi cavi valghi e quindi deboli già di partenza, tendini d'Achille gonfi, dolenti a punto da aspettarsi la rottura, polpacci di ridotto tenore, sicuramente non degni di un podista attivo, disordini posturali all’origine.

Il concetto in sintesi è che i piedi alterati e deboli innanzitutto in presenza di altri disturbi posturali a monte non erano mai capaci di reggere l'impatto di corse impegnative. I tentativi di terapia altro hanno fatto di indebolire ulteriormente i piedi prescirvendo plantari morbidi e formati "in modo anatomico", condizioni che toglievano ai poveri piedi l'ultimo livello di dinamica e di resistenza con conseguente atrofia dei polpacci,  suggerendo al controllo neuro - muscolare una perfezione di appoggio che non c'era mai. 

Il nostro lavoro consisteva in un primo momento di superare gradualmente tutti i sostegni, di togliere i plantari e di ridurre le classi di ammorbidimento delle scarpe da A4 a A1. Nello stesso periodo il paziente portava un dispositivo anti - serramento dentale, visto che la sua strategia di rispondere alla cedevolezza degli arti inferiori era di aumentare la pressione fra le arcate dentali, meccanismo indotto dal cervello ai fini di aumentare la tensione del sistema fasciale. 

Superata questa prima fase abbiamo fatto seguire la RIPROGRAMMAZIONE POSTUROLOGICA specifica del piano oculare e podalico. 

Tutto sommato sono percorsi al incirca 12 mesi e il paziente è tornato a correre e si trova a livello della mezza maratona. Dice che si sono ricuperati i polpacci, meglio che li ha mai avuti in passato. 

L'ortopedia come tutta la medicina farebbe bene capire, che spesso non basta anestetizzare, ammorbidire o scrocchiare il punto di massimo indolenzimento ma che conta capire le dinamiche che causano il deficit e più complessa e olistica è l'inquadramento meglio saranno i risultati terapeutici a lungo termine.