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L’intestino – la radice dell’albero della vita

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Chi mai ci pensa, che mangiando e bevendo per soddisfare alle propri esigenze energetiche, l’anello di mezzo, l’apparato digerente, ha una sua capacità limitata a smaltire e rendere assorbibile tutto ciò che vi arriva. Egli al contrario che si pensi ha una strutture alquanto vulnerabile, possiede un ecosistema facilmente da deteriorare, ha una sua necessità di cura, di fasi di riposo, di manutenzione.

La complessità dell’intestino è enorme: ha una superficie distesa di 300 – 1000 mq, è pieno di vili e cripte,  possiede diversi tipi di mucosa con svariate generi di cellule, che permettono funzioni d’importanza basilare per il sostegno delle altre parti dell’organismo.

Fu Franz Xaver Mayr (1875-1965) , medico austriaco che sin dall'inizio della sua attività  aveva riconosciuto il ruolo centrale dell'apparato digerente nel mantenimento dello stato di salute della persona. Paragonava l'intestino al sistema radicolare della pianta-uomo: se le radici sono sane e pescano in un terreno fertile, anche l'intero albero sarà sano e forte; se le radici pescano in un terreno tossico, tutto l'albero si avvelenerà. Questi concetti, vecchi di millenni, furono da lui sviluppati in maniera originale, sia dal punto di vista della diagnosi (riconoscimento dei segni clinici del cattivo funzionamento del corpo ben prima che compaiano i disturbi classici della malattia), sia dal punto di vista della terapia.

  Le funzioni dell’intestino sono di natura molto differenti:

 -  da un lato è l’organo destinato a ricevere, digerire, differenziare il cibo che gli arriva, portare all’assorbimento ed assimilazione la parte utile, ed avviare alla fuoriuscita dall’organismo le parte superflue oppure non desiderate ad essere introdotte nel metabolismo.

- d’altro canto è l’intestino in cooperazione con il fegato con il suo movimento peristaltico continuo e possibilmente armonico la pompa per il flusso dei liquidi corporei extravasali – la linfa. Nel regno animale questa funzione è tanto più importante quanto più grandi sono le dimensioni del soggetto  in questione. Un elefante, una balena ecc  vivono quasi esclusivamente dalla rotazione di questo viscere, nutrito con masse di sostanze vegetali  senza particolare valore energetico e nutritizio, rimuginano costantemente ecc, tutto ciò per tenere in continua attività la sua funzione pompante e di seguito il ricircolo della linfa, che drenandosi e rigenerandosi nutre e drena a sua volta le cellule del corpo.

- altro impegno è il rapporto con l’immunità. Il sistema immunitario si trova in larga parte attorcigliato attorno all’intestino, lo riveste come un guaina e vive  in contatto diretto e continuo con le particelle assorbite, le quali ad opera delle cellule imunocompetenti  subiscono un controllo della loro compatibilità ed utilità per l’organismo e sono ancora convogliate verso l’entrata nel sistema linfatico o verso il drenaggio esterno.

 Da quanto esposto segue l’estrema importanza per l’omeostasi ovvero il sostenimento della vita.

Si intuiscono inoltre facilmente, quali possano essere le ripercussioni per l’organismo di disfunzioni dell’intestino:

- riguardano tutte quelle patologie dell’apparato digerente stesso, dalla flatulenza fino al cancro

-  la linfostasi, condizione di rallentamento del flusso dei liquidi extravasali con conseguente ripercussione di ogni organo del corpo. Genera autointossicazione delle cellule con sindromi che dal reumatismo, attraverso l’insufficienza cardiaca va alla degenerazione cancerosa di ogni tipo

- il contatto alterato fra intestino e immunità poi genera le tre disfunzioni di questo ultimo: il deficit immunitario con mancata difesa, le allergie con reazioni alterate verso agenti esterni, le malattie autoimmunitarie, l’autodistruzione per mancato riconoscimento del “self”. Queste tre possibili disfunzioni sono denominate “atopia , ovvero l’immunità alterata.

 E’ facile ancora da dedurre, che un approccio olistico, basale e vero alle patologie dell’essere vivente difficilmente possa evitare la concentrazione in prima vista sull’intestino, che almeno nelle malattie croniche di tutto l’organismo riveste  sempre un ruolo di corresponsabilità eziopatogenetico.

 D’altronde sembra obbligatorio, che nasca sia nella medicina preventiva sia in quella curativa il presupposto, di appellare alle masse di malati di ogni genere di occuparsi della propria digestione, e questo nel senso descritto di sopra, piuttosto di valutare la mera fuoriuscita di feci in quantità e regolarità adeguate come segno di salute.