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la bocca e la postura

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Il 'professionista della bocca' (dentista, ortodonzista, logopedista, odontotecnico) dovrebbe tener conto delle possibili conseguenze che il proprio lavoro  potrebbe avere nei confronti del proprio paziente, se non dovesse tener conto, come purtroppo avviene, delle correlazioni che esistono tra il sistema stomatognatico ed il resto dell'organismo.

Quanto bisognerebbe auspicare è una vera e propria 'rivoluzione culturale' della medicina, in favore di un approccio olistico, interdisciplinare, nei confronti dei nostri pazienti, che si contrapponga all'isolazionismo, alla settorialità e all'ultraspecializzazione che stanno accecando e 'zavorrando' la nostra 'scienza medica'. In particolare affronteremo la problematica oculare segnalando una serie di semplici test di screening che potrebbe effettuare anche il dentista per rendersi conto se ci sono patologie della stereopsi, importanti per il legame con il disturbo posturale (scoliosi, e patologie meccaniche della colonna in genere) ma anche con quello legato all'apprendimento.

articolo completo di E. Saltieri

 

Il lavoro del posturologo, vero e proprio coordinatore del trattamento, colui che suggerisce i tempi di intervento (non i modi, retaggi essenziali ed esclusivi del singolo professionista) infatti dovrebbe liberare il recettore oculare e quello stomatognatico dalle ‘interferenze’ provenienti da tensioni, contratture e disturbi d’asse, che impediscono agli specialisti di lavorare in condizioni di relativa stabilità.

Ovviamente lo stesso dentista/ortodonzista facilita il lavoro dell’oculista togliendo tutti i foci irritativi che influenzano soprattutto la stereopsi, ma anche la capacità visiva del singolo occhio (miopia, astigmatismo).

Lo stesso oculista, meglio sarebbe l’optometrista o l’ortottista, dovrebbero minimizzare gli ‘effetti collaterali’ sull’occhio di un trattamento ortodontico (estremamente necessario per ottenere rapporti occlusali, temporomandibolari e di asse corretti): a questo proposito il mo pensiero corre verso lo studente e l’adolescente in relazione ai temuti disturbi dell’attenzione e quindi anche dell’apprendimento, ma anche, non ultimo, il rischio di scoliosi per un trattamento effettuato in condizioni di immaturità di un sistema che, proprio per questo, non riesce a mettere in atto i consueti meccanismi di compenso.